A processare i tamponi arrivano anche i grandi laboratori di ricerca italiani. Le “Ferrari della scienza”, in questo periodo a volte parcheggiate in garage, il 26 marzo avevano lanciato un appello: “Vogliamo metterci in moto anche noi e partecipare alla corsa contro il coronavirus con i nostri apparecchi d’avanguardia”. L’appello di circa 300 scienziati, un mese e mezzo più tardi, comincia a essere raccolto, anche se a macchia di leopardo. “E con tempi non da emergenza” aggiunge Pier Giuseppe Pelicci, direttore della ricerca dell’Istituto europeo di oncologia di Milano e direttore del dipartimento di oncologia sperimentale, uno degli ideatori dell’iniziativa.

Nonostante le difficoltà, l’Istituto Europeo di Oncologia è partito già da un paio di settimane: processa sia i tamponi interni (pazienti e personale) che campioni dal resto della Lombardia. “Gli accordi con i centri di ricerca vengono presi a livello regionale. Finora hanno iniziato a lavorare una decina di grandi laboratori, mentre altri 50 si sono messi a disposizione” spiega Pelicci. Al loro fianco è scesa la “Fondazione Guido Venosta, l’uomo contro il cancro”, presieduta da Giuseppe Caprotti, con 400 mila euro per le spese dei reagenti e l’analisi dei primi 10 mila tamponi. “Tutti i pazienti vengono testati quando entrano in ospedale e per i successivi controlli. Il personale una volta al mese” spiega Pelicci. “L’epidemia in Italia è scoppiata proprio nelle strutture sanitarie. Mantenere gli ospedali protetti dal contagio è una necessità per i pazienti, ma anche una garanzia per tutto il paese”.

A scarseggiare, però, a questo punto non sono i laboratori, ma proprio i reagenti. “Le ditte che li vendono sono principalmente 5 nel mondo, nessuna in Italia” spiega Pelicci. “Hanno una capacità di produzione limitata e ricevono ovviamente richieste da tutto il mondo, molto superiori alla loro possibilità di offerta. E’ vitale organizzarsi per tempo con negoziazioni dirette. Se ci si mette oggi a fare un ordine via computer si riceve la risposta del 31 dicembre, come disponibilità per la prossima consegna”. A mancare non sono solo le sostanze chimiche necessarie a estrarre l’Rna del virus, amplificarlo e “contarlo”. Sono gli stessi cotton fioc per prelevare i campioni dal naso e dalla gola, rinchiuderli in un tubetto e conservarli fino all’arrivo in laboratorio. “Sono oggetti da 2,2 euro, ma come per le mascherine, soffrono di una strozzatura nella produzione”.

L’accordo tra Ieo e Fondazione Venosta prevede anche una campagna di test sierologici. “Ne abbiamo messo a punto uno in collaborazione con l’università di Pavia e l’istituto Mount Sinai di New York” prosegue il ricercatore. Il kit è stato approvato negli Usa ed è in corso di validazione in Italia. “Ci permetterà di effettuare una mappatura anche dei casi asintomatici e di capire se sono possibili casi di reinfezione. Scopriremo in questo modo se un paziente guarito è veramente protetto da eventuali contagi futuri”.