Approfondimento

Vaccini, un test prova l’efficacia «L’immunità è maggiore, i contagi scendono all’1,5%»

Approfondimento pubblicato il 13/11/2021

Leggi anche l’articolo precedente: “Il vaccino funziona“.

 

Corriere della Sera – Venerdì 12 Novembre 2021

Vaccini, un test prova l’efficacia «L’immunità è maggiore, i contagi scendono all’1,5%»

Lo studio

di Adriana Bazzi

 

Studio dopo studio, i ricercatori stanno cercando di capire quanto i vaccini contro il Covid funzionino, quanto duri l’immunità e anche quando e come e a chi proporre la terza dose. L’ultima ricerca è stata condotta dallo Ieo, l’Istituto europeo di Oncologia, e finanziata dalla Fondazione Guido Venosta.

Una premessa: lo studio ha interessato duemila persone dell’istituto, fra personale medico, sanitario, amministrativo e di ricerca, «monitorate» fi n dall’inizio della pandemia, prima attraverso i tamponi, poi, dopo le vaccinazioni, attraverso il dosaggio degli anticorpi anti Sars CoV2 nel sangue.

Ecco i risultati, in tre punti, come ce li racconta Pier Giuseppe Pelicci, direttore della ricerca allo Ieo e coordinatore dello studio al momento pubblicato in preprint sulla piattaforma medRxiv, cioè prima della revisione e della vera e propria pubblicazione su riviste scientifiche.

«Il primo punto è che i vaccini funzionano alla grande — dice Pelicci —. Non è una novità, ma qui abbiamo la dimostrazione in un cosiddetto studio longitudinale, che ha cioè seguito un gruppo di persone, omogenee per esposizione al rischio di infezione, nel tempo».
Il dato a supporto è questo: la percentuale di soggetti (fra i duemila) che si sono infettati prima della vaccinazione era del 18 per cento. Dopo la vaccinazione è scesa all’1,5. «Il secondo punto è che quando un vaccinato si ammala (può succedere in alcuni casi, ndr) la malattia è più lieve e verosimilmente meno contagiosa che nel non immunizzato» continua Pelicci.

 

Lo Ieo

Il monitoraggio è stato effettuato su duemila dipendenti dell’Istituto europeo di Oncologia.
La durata della positività ai tamponi, poi: nei malati non vaccinati, è all’incirca di 16 giorni, nei vaccinati di due.
Ma il risultato più interessante riguarda gli anticorpi che il sistema immunitario produce per difendersi dal coronavirus. Ed è questo un argomento che solleva una serie di questioni. Misurare o non misurare gli anticorpianti- Sar CoV2 nel sangue per capire se si è protetti dall’infezione ed eventualmente decidere se fare o no la terza dose (la seconda in chi ha fatto il vaccino Johnson&Johnson o ha avuto una sola dose dopo la malattia)?

Ecco che cosa dice lo studio: «La domanda preliminare, cui rispondere, era: ho avuto la malattia oppure ho fatto il vaccino, in che misura il mio organismo ha fabbricato anticorpi capaci di neutralizzare il virus? I nostri dati dimostrano che la produzione di anticorpi è molto più robusta dopo il vaccino (in oltre il 98 per cento delle persone), niente a che vedere con quella conseguente all’infezione, molto più debole», commenta Pelicci.

E arriviamo, adesso, alla cattiva notizia: gli anticorpi, in ogni caso, calano nel tempo e , comunque, la loro produzione (dopo malattia o vaccino) è ridotta nelle persone più anziane o fragili. E si ripropone la domanda: ha senso ricorrere ai test per gli anticorpi ? «Il messaggio della nostra ricerca è questo: ha senso valutare la risposta anticorpale in una certa popolazione, per esempio gli anziani. E i risultati possono indirizzare le politiche sanitarie, cioè le scelte della tempistica per la terza dose ad esempio. Ma è impensabile sottoporre tutta la popolazione a questi test e decidere caso per caso il da farsi».

«Mi auguro che i risultati di questo studio possano fugare i dubbi di chi ancora non crede nel buon funzionamento dei vaccini e che i test sierologici vengano usati nell’ambito di campagne vaccinali mirate», commenta Giuseppe Caprotti presidente della Fondazione Guido Venosta.

«Lo spirito che ha animato il programma si basa sull’importanza della ricerca scientifica il cui scopo è migliorare le condizioni di vita dell’uomo»..



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